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Volterra tra
splendore e mistero
di
Eleonora Tiliacos |
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In ogni suo angolo Volterra rivela la sua atavica
attitudine alla nobiltà. |
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La compatta veste medievale e il fascino arcano dell’eredità
etrusca.
Volterra, antica in ogni suo dettaglio e circondata
da mura duecentesche, ci appare quasi sospesa tra
la Val di Cecina e la Val d’Era, a dominare per largo
tratto le Colline Metallifere; è anello di congiunzione
tra il territorio pisano e quello senese, ma al tempo
stesso arroccata in completa solitudine.
Una collocazione che tanto più sorprende se si pensa
ai trascorsi della città, al suo ruolo di protagonista
nella civiltà etrusca come in quella medievale. Sulle
colline circostanti, fatte in prevalenza di sabbia
e argilla, l’erosione ha disegnato calanchi e “biancane”,
cupole di candido solfato di sodio che si deposita
per affioramento: un paesaggio affascinante ma tormentato,
che solo più avanti si stempera in poggi coltivati
a grano o lascia il posto a distese boschive.
Già a ridosso delle mura si apre la voragine color
ocra delle Balze, che anticamente inghiottì necropoli
e suburbi; visto da ovest l’abitato sembra poggiare
in miracoloso equilibrio sul colle anziché radicarsi
su esso, e in fondo anche questo è mistero, quasi
quanto le pagine a noi ignote della stagione etrusca.
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La gloriosa
Velathri, che fu una delle dodici lucumonìe ed estese
la sua influenza commerciale su gran parte dell’Alto
Tirreno, traspare ancora ovunque nella compatta veste
medievale della città: sopravvive nell’acropoli di
Piano di Castello così come nei resti delle mura del
IV secolo, che in origine si sviluppavano per ben
sette chilometri, a racchiudere una vera metropoli;
nelle tre teste di pietra che ornano la Porta all’Arco
e nel torrione a piramide tronca di Porta Diana. |
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E soprattutto nel Museo Etrusco Guarnacci, dove ai
reperti di Velathri si affiancano quelli d’età preistorica
e romana, in un percorso espositivo di circa quaranta
sale. Qui è riunita tra l’altro la più ricca collezione
esistente di urne etrusche, con circa seicento esemplari
in tufo, terracotta e alabastro (la “pietra di luce”
che tuttora è materia prima del più fiorente artigianato
locale): nei loro rilievi sfila una parata di volti
dal fascino arcano, di divinità ed eroi.
Tra le migliaia di pezzi esposti troviamo capolavori
come la Stele di Avile Tite, la Testa Lorenzini, l’Urna
degli Sposi o la statuetta votiva in bronzo che D’Annunzio
ribattezzò “Ombra della Sera”: una figura di adolescente,
quasi un bambino, che si allunga esile, stilizzata
con sorprendente modernità.
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Una
scultura che potrebbe appartenere a molte epoche,
e che non a caso è tra i simboli più amati di Volterra.
Se il Museo Guarnacci è la memoria storica della “città
antica”, la vicenda artistica dal Medioevo in poi
viene narrata nella Pinacoteca Civica di palazzo Minucci
Solaini; tra i dipinti di Ghirlandaio, Daniele da
Volterra e Luca Signorelli c’è anche una magnifica
Deposizione di Rosso Fiorentino, da poco tornata visibile
dopo il restauro. |
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Un’altra opera di Rosso (la Pala di Villamagna) è
a Palazzo Vescovile, nel Museo Diocesano d’Arte Sacra
che alterna a preziosi reliquiari le creazioni di
Tino di Camaino, Mino da Fiesole e Giambologna. Come
nei musei, anche nelle strade e nelle piazze la città
si esprime con immagini indelebili: le mura, scandite
da nove porte che sembrano aprirsi sul tempo più che
su uno spazio fisico; lo slancio verticale della casa-torre
Buonparenti e del portale di San Michele Arcangelo;
la sagoma massiccia della Fortezza Medicea; i mirabili
affreschi gotici della chiesa di San Francesco o i
ruderi del Teatro Romano, adagiato sul pendio di Vallebona.
Al vertice di ogni percorso reale o ideale c’è piazza
dei Priori, in cui la grigia “pietra panchina” dà
forma a uno dei più coerenti scenari creati dalla
civiltà comunale in Italia. Oltre naturalmente al
superbo Palazzo dei Priori la presenza dominante qui
è Palazzo Pretorio con la torre detta “del Porcellino”,
per via del piccolo cinghiale in pietra che orna il
prospetto. A questi nobili edifici laici fanno contrappunto
il Battistero e il Duomo, gioielli del Romanico pisano
che si fronteggiano in piazza San Giovanni; varcarne
la soglia vuol dire ammirare un fonte battesimale
di Andrea Sansovino e una Deposizione lignea che è
tra le più belle sculture del Duecento toscano. Le
due piazze monumentali sono il baricentro di Volterra,
i luoghi che più rivelano la sua attitudine atavica
alla nobiltà, ma ovunque la solidità della pietra
si sposa a un’allure sottile di mistero, come se il
tempo e lo spazio si fossero coalizzati per creare
un gioco di scatole cinesi: nei vicoli del centro
storico come nelle sale fastose di Palazzo Incontri-Viti,
in cui Visconti girò alcune scene del suo film Vaghe
stelle dell’Orsa. Un’alchimia esclusiva di questa
città e della sua anima antica, che travalica la concretezza
così come la luce filtra attraverso l’alabastro.
Eleonora Tiliacos, |
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