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L’umbria del divin pittore
di Marco Carminati
Sei mostre e dodici siti nel cuore della regione
per celebrare un grande protagonista dell’arte rinascimentale.
Grandi artisti
si sono sempre divisi in due categorie: i “maledetti” e quelli
lodati e celebrati dai contemporanei. Pietro Vannucci detto Il
Perugino (1450 circa-1523) apparteneva senza dubbio alla seconda
categoria.
La sua carriera
fu costellata di sfolgoranti successi professionali e la sua pittura,
pervasa di trasparenze cristalline, di dolcezza e di grazia delicata,
“tanto piacque al suo tempo - dice Giorgio Vasari - che vennero
molti di Francia, Spagna, d’Alemagna e d’altre province per impararla”.
Nato a metà
Quattrocento a Città della Pieve (allora sotto il dominio politico
di Perugia), Pietro Vannucci subì giovanissimo l’influenza di
Piero della Francesca, ma si formò a Firenze presso la bottega
di Andrea del Verrocchio dove fu compagno di studi di Leonardo
da Vinci. Le prime
prove professionali risalgono alla fine degli anni ’70, quando
l’esordiente maestro lasciò affreschi nella parrocchiale di Cerqueto
(Perugia) e altri dipinti nella città di Deruta.
La prima
importante occasione professionale gli si presentò nel 1481. Papa
Sisto IV della Rovere aveva deciso di affrescare la cappella nei
Palazzi Vaticani che porta il suo nome.
Per l’impresa
aveva chiamato a Roma una squadra di “excellentissimi pictores
concertantes”, i migliori che vi fossero sulla piazza, perché
uno accanto all’altro decorassero velocemente la cappella con
episodi contrapposti della vita di Mosè e di Cristo. All’appello
furono invitati Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli e Pinturicchio. Nella lista
era compreso anche Perugino, al quale, tra l’altro, toccò l’onore
di dipingere l’affresco sull’altare maggiore della Sistina, che
poi sparirà sotto il Giudizio Universale di Michelangelo.
Perugino
rientrò da Roma carico di fama e di gloria e aprì due botteghe
in contemporanea, una a Firenze e l’altra a Perugia, gestendole
col piglio dell’imprenditore (Roberto Longhi parlerà di “editoriale
peruginesca”). L’artista
cominciò ad essere richiestissimo. Venne a lungo
corteggiato dalla marchesa di Mantova Isabella d’Este, e anche
dal duca di Milano Gian Galeazzo Sforza.
Tra il 1485
e il 1520 le chiese di Firenze, di Perugia e di molti altri centri
dell’Umbria andarono progressivamente ad ammantarsi di affreschi
e tavole col marchio “Petrus Perusinus Egregius” o anche “Petrus
de Castro Plebis”.
A Perugia,
in particolare, il maestro lasciò i suoi capolavori più riusciti,
come gli affreschi della Sala dell’Udienza nel Collegio del Cambio
(1498-1500) o la pala con lo Sposalizio della Vergine destinata
alla Cappella dell’Anello in Duomo (1503-1504), oggi conservata
al Museo di Caen in Francia.
Perugino
lavorava e insegnava al tempo stesso. Tra gli allievi
della bottega si fece largo, a un certo punto, un giovane di belle
speranze: si chiamava Raffaello Sanzio e sarà destinato a una
carriera ancor più sfolgorante di quella del maestro. Anzi, Raffaello
finirà coll’appannare la fama di Perugino, ma non col dissiparla,
perché il nome del Vannucci non conoscerà mai, nei secoli, l’oblio
della dimenticanza. Oggi, “Perugino
divin pittore” torna ad essere il protagonista di un imponente
dispiegamento di mostre e rassegne (previste dal 28 febbraio al
18 luglio) volte a celebrare la sua grandezza e la sua imperitura
fortuna.
Tutta l’Umbria
si è unita nel progetto, con 6 mostre e 12 siti artistici disseminati
sul territorio della regione. La rassegna-ammiraglia
è allestita a Perugia nella Galleria Nazionale dell’Umbria (“Perugino
il divin pittore”), dedicata alla produzione pittorica di Perugino
dalla giovinezza agli anni del successo, con opere appena restaurate,
nuove scoperte e una ricca documentazione di disegni.
Alla
fortuna di Perugino tra i contemporanei ma anche nei secoli successivi
fino all’Ottocento, è invece dedicata la rassegna “Fortuna e mito”
allestita nella Rocca Paolina a Perugia, mentre sulla straordinaria
produzione di miniature umbre durante l’età di Perugino si concentra
la rassegna ospitata nel monastero cittadino di San Pietro (“La
miniatura in Umbria tra XV e XVI secolo”).
A Città della
Pieve, borgo natale dell’artista, un’esposizione in Palazzo della
Corgna affronta il suggestivo tema di “Perugino e il paesaggio”.
A Deruta, invece, si ammireranno gli influssi perugineschi sulla
decorazione delle ceramiche (“La ceramica umbra ai tempi di Perugino”),
mentre a Corciano si potrà analizzare il ruolo di “Perugino pittore
devozionale”. Da ultimo
gli itinerari. L’Umbria è letteralmente disseminata di testimonianze
peruginesche (da Perugia ad Assisi, da Foligno a Montefalco, da
Spello a Trevi).
Questa è
l‘occasione propizia di andarle a scoprire, e contemporaneamente
riscoprire il fascino di questi luoghi “divini” segnati dal genio
del “meglio mastro d’Italia, le cui cose hanno aria angelica et
molto dolce” (Agostino Chigi, 1500).
Marco Carminati, critico d’arte del Sole
24 Ore
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