CRONACA DI PISA: L'ATENEO
CHE CRESCE
Intervista al nuovo preside Luigi Murri
«L'integrazione ospedale-università porterà alla
ottimizzazione di risorse umane e tecnologiche»
PISA. Il futuro della sanità italiana si
costruisce sempre di più nell'Università di
Pisa.
È questa la chiave di lettura
dell'intervista che il nuovo preside della
Facoltà di medicina e chirurgia del nostro
ateneo, prof. Luigi Murri, ci ha rilasciato
all'indomani del suo ingresso alla guida della
prestigiosa «Scuola» medica pisana sulla cui
bontà punta molto anche il Ministero
dell'Università e ricerca, che quest'anno ha
innalzato la soglia del numero programmato ai
vari corsi di laurea, portandoli dai 160 dello
scorso anno agli attuali 225 (a fronte di oltre
1000 domande, buona parte delle quali inoltrate
da studenti provenienti da fuori regione).
Un'intervista a tutto campo, quella del noto
neurologo, che pur tra luci ed ombre, fornisce
un quadro assolutamente beneaugurante non solo
per quanti si avviano verso il traguardo del
«giuramento d'Ippocrate», ma soprattutto alla
popolazione che, da questo percorso, avrà poi
una sempre più adeguata risposta in termini di
servizio sanitario.
La recente integrazione tra ospedale ed
università potrebbe suscitare nel pubblico
qualche perplessità sul livello qualitativo
dell'assistenza al malato?
«E' questo un falso problema perchè, per ciò che
concerne la sanità pisana, da tempo,
universitari ed ospedalieri lavorano in équipe,
con i risultati che tutti possono vedere.
Certamente, queste nuove direttive regionali che
condurranno all'istituzione dei cosiddetti Dai
(Dipartimenti Assistenziali Integrati- composti
da medici universitari ed ospedalieri delle
diverse specialità
diagnostico-terapeutiche-chirurgiche; ndr), non
porteranno altro che benefici all'ottimizzazione
delle risorse umane e tecnologiche, a tutto
vantaggio di una sempre più ottimale risposta al
paziente. Un progetto, questo, che renderà ancor
più efficienti tutte le strutture sanitarie
dell'area vasta, afferenti al nostro ospedale».
Un'integrazione che avrà ripercussioni positive
anche nella formazione dei futuri medici?
«Il medico che noi formiamo oggi, risponde in
maniera più adeguata alle richieste del mondo
del lavoro. Il compito non è semplice: la rapida
mutevolezza delle competenze professionali
derivanti dalla costante accellerazione dei
progressi medico-scientifici, richiedono una
attenta programmazione della formazione che
dovrà essere sempre adeguata alle esigenze del
domani. Va tenuto presente peraltro che la
laurea in Medicina e chirurgia rappresenta solo
una tappa nel percorso formativo del medico che,
dal primo anno in poi, usufruisce di una
preparazione molto più attiva. Oggi, la
formazione inizia da subito, si studia in gruppi
di 5, 6 allievi affidati ad un docente che
assume il ruolo di tutore che gli accompagna
attraverso i vari percorsi didattici, avviandoli
a quella manualità ed impatto con la realtà che,
un tempo, veniva percepita solo al termine degli
studi».
Stiamo andando verso un nuovo assetto
organizzativo della facoltà? «La concezione
della medicina nel sistema precedente,
rispecchiava una grande tradizione didattica,
pur con alcuni limiti: era un sistema più
rigido, più statico, con limitate opportunità di
frequentare i vari reparti clinici e quindi di
fornire una cultura medica appropriata.
L'introduzione del numero programmato, oltre a
garantire un'adeguata preparazione formativa,
riducendo drasticamente il numero dei fuori
corso, assicura una elavata efficienza
didattica».
Quali sono, secondo lei, le cose buone fatte e
quelle da fare?
«Da fare c'è ancora molto, specie per il
reperimento di nuovi spazi dove lo studente
possa svolgere la sua attività a stretto
contatto con il mondo sanitario. Più aule, più
biblioteche, più laboratori. È questo un impegno
gravoso ma indispensabile. Molto è stato fatto
dal punto di vista tecnologico. Il progetto di
teledidattica, approvato dal ministero, ci vede
in prima linea per la formazione a distanza di
nuovi operatori sanitari, vedi ad esempio gli
iscritti ai corsi di laurea in scienze
infermieristiche (uno dei 17 corsi offerti dalla
Facoltà - ndr)».
Quali sono le interazioni tra la didattica e gli
altri settori dell'attività medica come la
ricerca e l'assistenza?
«Questi tre momenti, rappresentano un cardine
imprescindibile per il medico che vuole essere
non solo preparato ma costantemente aggiornato
sugli avanzamenti nelle varie discipline. La
richiesta formativa non può pertanto prescindere
nella facoltà di medicina, da questa
impostazione di principio. Alle strutture ed
alla organizzazione dei corsi di laurea e
post-laurea la sfida di rispondere al meglio a
queste esigenze».
giovedì 14 novembre
2002 |