I metodi per salvare la torre di Pisa



di Luciano Baldacci


Con lo studio dell'ing. Luciano Baldacci 21mo SECOLO apre la discussione sui possibili interventi a salvaguardia di un bene così prezioso e delicato come la torre di Pisa. L'articolo analizza gli interventi per salvare la torre, i progetti in corso e suggerisce nuove possibili iniziative.
L'approfondimeno delle conoscenze sarà cruciale per evitare interventi dannosi.

1. Introduzione storica
Tutta in marmo bianco come il vicino Duomo, che pure pende, ma con tutt'altro effetto, la torre di Pisa fu iniziata il 9 agosto 1173 da Bonanno Pisano, architetto e scultore. Le fondamenta, come usava all'epoca, furono costruite su uno strato di sassi alto 40 centimetri, in uno scavo profondo 3 metri. Le pareti della torre cilindrica sono larghe, alla base, 4 metri.
In tale muro è ricavata la scala principale, larga un metro e con salita elicoidale. Dieci anni dopo l'inizio della costruzione la torre cominciò a pendere: si era a 25 metri di altezza, al terzo dei 7 piani.
L'altezza era quella del vicino Duomo e la pendenza era lieve, 5 centimetri, la stessa che ha l'abside del Duomo, che è posta a 10 metri dalla torre, in direzione Ovest. Bonanno Pisano, intuendo quello che sarebbe successo elevandola fino al 7^ piano, non se la sentì di essere l'architetto costruttore di una torre storta e destinata, se non a cadere, a coprire di ridicolo il suo costruttore e interruppe i lavori, in omaggio al conformismo dell'epoca, per cui le torri dovevano assolutamente essere diritte! (Se avessero potuto conoscere il valore del "business" del 20^ secolo, forse ne avrebbero ordinate altre di tale fatta!).
Giovanni di Simone riprese i lavori 90 anni dopo, con l'idea che la sua grande esperienza e il tentativo di raddrizzarla un po' avrebbero compiuto il miracolo di farla sembrare diritta e arrivò così al 76 piano nel 1284. Nonostante le buone intenzioni di Giovanni di Simone, la pendenza era però già considerevole alla fine del 7^ piano e fu evitato il completamento della cella campanaria, da sovrapporre all'ultimo piano.
Tommaso Pisano, nel 1360, completò la costruzione con l'aggiunta di tale cella campanaria, visto che la torre era ormai lì da quasi ottanta anni inutilizzata (e non era ancora caduta) e visto che la torre senza le campane non aveva alcuno scopo. La pendenza era infatti, contro ogni previsione, aumentata fino a 163 centimetri e la cella campanaria, visibilmente più dritta del resto della costruzione, testimoniava l'inclinarsi della torre, per il progressivo cedimento del terreno.
Lo scultore Giovanni Pisano e il maestro Orsello, nel 1298, 14 anni dopo la realizzazione del 7^ piano, misurarono lo strapiombo sulla base, con l'aiuto di funicelle da muratore, accertando uno scostamento dalla base di 143 centimetri, che aveva consigliato il pur "spericolato" Giovanni di Simone a sospendere la costruzione della parte finale.
Sessant'anni dopo, come già accennato, con la pendenza aumentata di "soli" altri 20 centimetri, ci si azzardò a completare l'opera.
Successivamente la torre continuò a pendere, ma con un incremento sempre più rallentato, fino quasi a fermarsi, forse per il definitivo assestamento del terreno. Galileo Galilei sfruttò la pendenza e l'altezza per i suoi esperimenti del 1590 sul moto dei gravi, fatti cadere dall'alto dei 54,73 metri, di cui 7,36 della cella campanaria.

2. Interventi di assestamento e analisi delle inclinazioni
Nel 1838 l'architetto Alessandro Gherardesca rimise involontariamente in moto il movimento di inclinazione, per effetto di lavori effettuati per liberare la base della torre da terra e fango, in cui era "piantata" e che aveva "frenato" e assestato il movimento.
Liberata la base dalla terra e costruito il bacino marmoreo intorno alla base stessa, forse per l'aumento del peso del complesso, forse per l'effetto dell'acqua piovana che veniva convogliata dal catino nel punto di maggior pendenza, inzuppando in maniera maggiore il terreno nella parte più inclinata, terreno prima bagnato in modo omogeneo da tutte le parti, fatto stà che la torre si rimise in moto!
Nel 1918 l'inclinazione era arrivata a metri 5,10 e attualmente è di 5 metri e 21 centimetri, con un incremento medio annuo (dal 1918 ad 1995) di 1,2 millimetri. Poichè nel 1912 crollò improvvisamente il campanile di Venezia, poi ricostruito identico ("dove era, come era", secondo il motto dell'epoca), il Ministero della Pubblica Istruzione nominò una commissione di esperti (la prima della serie) con l'incarico di raccogliere dati e organizzare il consolidamento del monumento.
Da allora 12 commissioni si sono succedute, con interventi più o meno incisivi, ma il problema non è stato ancora risolto.
Dal 1918 sono stati fatti rilevamenti ottici, utili per l'acquisizione di dati statistici, che hanno fissato in millimetri 1,2 annui l'aumento medio di pendenza di tale monumento.
Dall'inizio della costruzione, sia pure con momenti di grande velocità e momenti di stasi, fino al 1838 e poi di nuovo in velocità, l'incremento medio di pendenza è stato, complessivamente di circa 7 millimetri l'anno. Il terreno è stato sondato, sono state fatte iniezioni di cemento dal 1933 al 1935, allo scopo di "impermeabilizzare" le fondamenta, è stata controllata la falda freatica per l'accertata connessione fra il fenomeno di subsidenza e l'aumento di pendenza.
Infine, nel 1972, è stato bandido un appalto-concorso internazionale per il consolidamento del campanile, ma non è stato individuato nessun progetto che desse affidamento.
La torre ha resistito persino ai bombardamenti aerei dell'ultima guerra, che hanno distrutto gran parte della città, provocando pericolose vibrazioni nel terreno e nella torre, colpita persino da tre cannonate!

3. Considerazioni statiche e analisi del terreno alla luce dei primi risultati
Il terreno su cui è stata costruita non è certo dei più adatti a garantire una saldezza da "costruzione sulla roccia": al contrario, è un deposito alluvionale. La zolla su cui si cominciò a costruire era già instabile, a tal punto che dopo i 25 metri di altezza del 3 ° piano, già la costruzione pendeva.
La commissione attuale, 13 a della serie, presieduta dal Prof. Jamiolkovski ha iniziato i lavori nel 1990, con circa 42 miliardi di dote per i vari studi, è riuscita a "fermare" la torre, che anzi è tornata indietro di 2 centimetri, facendo "dondolare" la zolla all'indietro, inserendo un peso di 690 tonnellate di lingotti di piombo posati sulla base della torre, nella parte opposta alla pendenza, come mostra una immagine del cantiere. (Fig.1- Cantiere di lavoro della torre, con 690 tonnellate in lingotti di piombo posati alla base della torre, per "retrocedere" temporaneamente la pendenza, facendo "dondolare" all'indietro la zolla di appoggio.)
Come un bilanciere, tale intervento ha raddrizzato la torre, sia pur lievemente, creando problemi forse per il riassetto successivo, quando si dovranno togliere i pesi.
chiaramente un sistema empirico, momentaneo nella sua soluzione.
La pendenza ha finora reso la torre famosa in tutto il mondo e in tutti i secoli, pendenza che andrà preservata allo stato attuale, o meglio a 60 centimetri di meno, per consegnarla intatta alle generazioni future: come attuare questo risultato?
Le vere soluzioni sono probabilmente legate a una "sottoescavazione", che dovrebbe creare le premesse per una duratura stabilità ed equilibrio della torre. Una prima idea è quella di simulare i pesi citati, ancorando la base della torre ad un appoggio fisso a 30 metri di profondità mediante cavi di acciaio. Tendendoli, poi, si può simulare il peso che può raddrizzare la torre.
Un altro progetto di "subsidenza controllata", inviato a suo tempo alla Commissione e interessante dal punto di vista della sicurezza e dell'efficacia, non introducendo elementi nuovi nell'equilibrio del sistema torre-terreno, tanto da meritare un approfondito esame, è quello ideato dallo studioso Flavio Gabrielli, coadiuvato dall'Ing. Luciano Baldacci.
Dopo ampi studi statici e di dinamica delle terre, è stata ideata una sottoescavazione modulare canalizzata, un metodo che sfrutta il peso stesso della costruzione per stabilizzare il terreno, metodo già usato correntemente per stabilizzare costruzioni su terreni ancor più delicati, come i monumenti a Città del Messico, zona anticamente paludosa, essendo costruita l'antica città Azteca su isolette collegate fra loro al centro di un lago.
Tali grosse isole, ormai sotterranee, o "zolle", sono molto simili, in un ambiente diverso, ai "tomboli" e ai terreni argillosi che sono tipici del territorio pisano. Uno schema di massima dei lavori di sottoescavazione e del terreno sotto la torre è indicato in (Fig.2 - Schema di sottoescavazione con tubi di acciaio modulato).
Il principio ispiratore è abbastanza lineare e della massima sicurezza, in quanto sono evitate vibrazioni pericolose, cementazioni o consolidamenti dannosi per l'aumento del peso generale dei manufatti su un terreno cedevole.
Per una migliore comprensione è opportuno aprire una parentesi sulle ipotesi relative alle motivazioni della pendenza della torre.
Essa potrebbe essere dovuto a un "tombolo" sul cui bordo è stata costruita la torre, o un bordo dell'Arno che anticamente passava proprio in quel punto, costituito quindi dalla parte sedimentaria e una argillosa.
La torre dovrebbe essere stata costruita proprio sul bordo di un deposito alluvionale, con una parte cedevole e una più solida.
Queste sono le ipotesi più probabili, cui dovrebbe essere dato riscontro in modo da influenzare la scelta più corretta delle modalità operative, ormai indirizzate alla sottoescavazione.
In Fig.3 (Schema di massima dei lavori di sottoescavazione, con il muro di contenimento di sicurezza e zona di lavoro per i tubi in acciaio) sono riportate schematicamente le strutture da realizzare: un muro di sostegno, parallelo alla pendenza e a 3-4 metri di distanza, da costruire in modo da non alternare gli esistenti equilibri statici della massa argillosa.
Fori per gli interventi successivi, effettuati nella base di 21 metri, per un totale di 18, che prevedono una perforazione "silenziosa" lunga 24 metri, hanno diametro variabile a seconda della distanza.
I1 principio di lavorazione consiste nell'uso di tubi speciali in acciaio, con diametro variabile da 60 centimetri a 20 centimetri, nella prima fase, con modularietà dei tubi riferita alle aree delle sezioni.
Tali tubi verrebbero infilati, a una profondità di circa 5 metri, trasversalmente al piano di pendenza della torre, con un movimento rotatorio in assenza di vibrazione. Considerando il blocco torre-catino-fondamenta come un tutt'unico, il principio è quello di far ruotare il blocco, in senso inverso alla pendenza della torre, provocando un cedimento controllato e modulato del terreno, inserendo una serie di tubi di acciaio speciale nel terreno stesso, parallelamente alla fondazione e per la lunghezza di 24 metri.
Una serie di tubi più piccoli viene quindi inserita nella prima serie. come indicato in Fig. 2. Sfilando poi i tubi esterni, si provoca un calo graduale programmato del terreno, argilloso e plastico, per riempimento dello spazio vuoto lasciato dalla intercapedine fra i due tubi, il grosso e il piccolo.
I1 calo graduato è proporzionale alle aree vuote lasciate fra i due tubi, graduale in quanto sono diversi i diametri lungo l'asse orizzontale, dal massimo verso l'esterno della pendenza al minimo verso l'interno.
Le fasi successive potrebbero esaurirsi in pochi mesi, per un totale anche di 8 fasi (7 tubi concentrici al primo e di diametro sempre più piccolo), ma, per piccoli spostamenti (7-10 cm), limitato anche a due fasi.

4. Vari progetti e studi di fattibilità
L'attuale soluzione provvisoria per fermare la torre, e cioè le 690 tonnellate in pesi di piombo, hanno suggerito un metodo, anch'esso provvisorio, per "ancorare" la torre in profondità, con cavi di acciaio fissati alla base della torre e collegati a un supporto fisso a 30-40 metri di profondità nel sottosuolo. Tale metodo di "subsidenza controllata", pur presentando difficoltà realizzative notevoli, permetterebbe una sicurezza di tenuta di circa 30 anni.
In seguito il problema si proporrebbe di nuovo, con l'incognita della tenuta del "sistema" torre-terreno, che è attualmente libero di oscillare sotto le varie sollecitazioni in maniera "elastica", basti pensare alle bombe già citate. Bloccare tale moto naturale potrebbe essere pericoloso, provocando tensioni ai limiti di rottura. Tornando al progetto citato con sottoescavazione a tubi modulari, la scelta delle varie fasi e dei diametri permette di controllare e fissare il grado di pendenza retrograda, fino ad un valore di 20 - 60 centimetri, in funzione del terreno argilloso rimosso come differenza fra il tubo esterno e il tubo interno di ogni fase.
Opportuni studi sul terreno argilloso esistente sotto la torre, coniugati con analisi di dinamica delle terre ed eventualmente simulando un progetto campione, potrebbero fornire tutti gli elementi per dare realizzabilità pratica ad un progetto che potrebbe rendere controllabile il grado di pendenza della torre e rendere possibile o analizzabile ciò che finora è stato considerato un paradigma indiscusso, e cioè "non andare a toccare il terreno sotto la torre".
Il progetto citato non altera l'equilibrio del terreno sotto la torre: i tubi di acciaio infilati sotto il monumento non modificano la compattezza del terreno.
Una volta infilati i 18 tubi graduali e una volta inserito in questi il tubo più piccolo, sfilando il tubo più grande si crea un cedimento controllato e lieve del terreno argilloso plastico, che si assesta nel poco spazio vuoto lasciato, maggiore nella parte esterna alla pendenza, costrigendo la mole della torre ad assestarsi all'indietro per qualche millimetro alla volta, con un graduale processo di cedimento retrogrado del tutto simile a quello che ha portato la torre in avanti.
Per perfezionare tale processo, come già accennato, è utile una perfetta conoscenze delle motivazioni della pendenza e una analisi del terreno sottostante, utilizzando le moderne tecniche, senza alterazione dell'equilibrio statico del terreno sottostante stesso.
Una variante al progetto di sottoescavazione ortogonale è stata proposta dal prof. Piero Pierotti, Docente all'Università di Pisa.
Tale variante suggerisce una sottoescavazione obliqua dall'alto del terreno verso il centro di gravità, sotto la torre, in modo da non lasciare tubi nel sottosuolo ma solo effettuando i lavori di sottrazione controllata di terreno in maniera obliqua e dall'esterno alto del terreno, con una sola perforazione, a distanza modulata e a ventaglio, senza necessità di muri di sostegno, per rendere più sicura la sottoscavazione. Uno schema di tale variante è riportato in Fig. 4 (Schema di sottoescavazione obliqua a ventaglio, come variante a quella ortogonale) Tale variante è uno degli elementi da valutare, nel caso tale metodo sia considerato adatto e quindi posto all'attenzione per le ulteriori specifiche e analisi operative.

5. Conclusioni
I metodi, tutti difficili da applicare, tendono a non alterare l'armonia dell'equilibrio che ha valso finora a Pisa la sua fama nel mondo, dopo le glorie della Repubblica Marinara, che hanno contribuito a far sorgere l'idea di orgogliosi progetti di monumenti nati per sfidare i secoli e lasciare un segno nella storia.
La natura ha dato poi una mano, armonizzandosi con i manufatti dell'uomo, in particolare degli scalpellini e artisti di Carrara, nell'offrire al marmo uno dei suoi più prestigiosi trofei: la torre pendente.
I lavori della Commissione pertanto continuano, con l'analisi dei vari progetti, sviscerati nelle loro varie implicazioni, per arrivare alla necessaria sicurezza operativa.
Ciò giustifica la prudenza e la conseguente lentezza di ogni intervento e ogni decisione. Il suo destino eterno è quindi nelle mani degli uomini (e delle Commissioni) del presente. Si spera comunque che, al di là di ogni possibile metodologia, sia scelta la migliore, in modo da garantire la sicurezza e l'efficacia del progetto, per preservare ciò che ci hanno donato le generazioni precedenti alla nostra e consegnarlo intatto alle generazioni future.

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